Geologia Astronomia Preistoria II parte: Dalle meteoriti all’interno terrestre

Simone Lentini/ Febbraio 27, 2019/ Astronomia

Ora in Europa, già dal XVI secolo, si andavano raccogliendo per le campagne oggetti strani, dalla natura più varia: si andava da rocce, che nulla avevano a che vedere con l’ambiente circostante ed, ad elementi in bronzo e ferro; l’idea generale li vedeva formatisi durante i temporali alla stregua della grandine o generati da fulmini: per tale motivo furono chiamate pietre dei fulmini o ceraunia, come ebbe a denominarle Konrad Gessner nel 1565. Ma c’erano ceraunia e ceraunia, come ebbe a classificarli Michele Mercati, sovrintendente dei giardini botanici vaticani nel tardo XVI secolo. Mentre alcune delle ceraunia erano pietre nere o selci scheggiate altre ricordavano più asce o punte di freccia: materiale dalla parvenza artificiale insomma, fatte sempre e solo di selci, bronzo o ferro. Presto si ebbe la sensazione che il materiale dall’apparenza artificiale fosse d’origine magica, legata agli elfi. L’origine magica fu confutata da Mercati quando confrontò le pietre dei fulmini “artificiali” con la fattura di artefatti del Nuovo Mondo. La mente classicista di Mercati disturbò persino Lucrezio (I secolo a.C.) che già s’era imbattuto in analoghi ritrovamenti. Mercati dedusse come una qualche primitiva razza umana, prima di qualsivoglia civiltà nota, avesse fatto prima strumenti di pietra (evidentemente ignoravano la metallurgia), poi di bronzo e quindi di ferro. Gli oggetti erano quindi realmente stati forgiati dagli uomini e la loro antichità era considerevole. Le deduzioni di Mercati rimasero sconosciute fino alla pubblicazione postuma di un suo testo nel 1717. Solo sei anni più tardi le stesse deduzioni di Mercati le fece Antoine de Jussieu, il cui lavoro fu punto di partenza per Nicholas Mahudel che, nel 1740, pubblicò un testo dove descriveva quegli oggetti di fattura umana come “l’industria dei nostri primi padri“, aggiungendo anche che

C’è la mano dell’uomo che li fece per servire come strumenti.

‒ Hamy. (1906). Matériaux pour servir à l’histoire de l’archéologie préhistorique.

Fu così che alcune rocce dei fulmini svelarono la loro natura di strumenti forgiati dall’uomo preistorico. Christian Thomsen, nel 1821, ufficializzò i termini Età della Pietra, del Bronzo e del Ferro con il quale suddivideva la storia, l’industria litica e metallica degli uomini primitivi; nel 1836 la storia dei primi uomini prese il nome di Preistoria. Se le pietre dei fulmini artificiali avevano svelato la loro natura di artefatti preistorici già dal 1740, le pietre dei fulmini, quelle naturali, rimasero un mistero fino al 1803, quando Joseph Izarn ipotizzò come le pietre dei fulmini non derivassero da temporali, ma venissero da molto, molto più lontano: erano meteoriti.

Fu così che alcune rocce dei fulmini svelarono la loro natura di strumenti forgiati dall’uomo preistorico. Christian Thomsen, nel 1821, ufficializzò i termini Età della Pietra, del Bronzo e del Ferro con il quale suddivideva la storia, l’industria litica e metallica degli uomini primitivi; nel 1836 la storia dei primi uomini prese il nome di Preistoria. Se le pietre dei fulmini artificiali avevano svelato la loro natura di artefatti preistorici già dal 1740, le pietre dei fulmini, quelle naturali, rimasero un mistero fino al 1803, quando Joseph Izarn ipotizzò come le pietre dei fulmini non derivassero da temporali, ma venissero da molto, molto più lontano: erano meteoriti.

Fu intorno alla metà del XIX secolo che Adolph Boisse dedusse come le meteoriti potessero derivare da un pianeta perduto; Gabriel-Auguste Daubrée fece uno schizzo della struttura interna del fantomatico pianeta perduto dopo aver studiato la composizione delle meteoriti ed aver svolto esperimenti su diversi campioni. Avendo notato che le meteoriti, composizionalmente, ricadono in tre categorie, rocce, lega metallica di nichel-ferro (NiFe), rocce miste a NiFe, dedusse che l’originario pianeta, dal quale le meteoriti derivavano, doveva aver avuto un nucleo di lega nichel-ferro, avvolto da un mantello di roccia in cui il contenuto di nichel-ferro diminuiva sempre più mano a mano che dal nucleo ci si spostava verso la superficie: le rocce superficiali erano quindi prive di NiFe.


Lo schema del pianeta perduto fatto da Daubrée sulla base di studi da lui condotti sulle meteoriti. Il pianeta ha un nucleo di ferro avvolto da un mantello di rocce, via via meno ricche di ferro, mano a mano che ci si sposta verso la superficie.

Alla fine del XIX secolo i geofisici stavano studiando già il modo in cui le onde sismiche si propagano all’interno della Terra, rispondendo a variazioni di densità e di condizioni fisiche esistenti a diverse profondità. Intorno al 1896 Emil Wiechert notò, dallo studio delle onde sismiche, come a circa 2900 km di profondità, dovunque nel Mondo, esistesse una sorta di discontinuità: a quella profondità la densità aumenta considerevolmente in modo brusco. Lo studioso intuì come a quella profondità i materiali soprastanti e più leggeri venissero a contatto bruscamente con materiali più pesanti e profondi. Wiechert si domandò quindi quale materiale, alle pressioni vigenti a 2900 km di profondità, può generare quel picco nella densità. Wiechert ragionò così. La densità media della Terra è 5510 kg/cm³, ma la densità delle rocce superficiali ha un valore nettamente inferiore, pari, al massimo, a 2700 kg/cm³; Wiechert dedusse che, per far tornare i conti con il valore medio della densità terrestre, al centro del Pianeta doveva esserci qualcosa di molto più pesante. Poichè la densità di un oggetto aumenta all’aumentare della pressione che su questo agisce, Wiechert dedusse come il solo elemento che, alla pressione corrispondente a 2900 km di profondità, poteva rendere conto sia del salto di densità trovato nella propagazione delle onde sismiche, sia della densità mancante in superficie, era il ferro: lo stesso elemento che Daubrée aveva supposto costituire il nucleo del pianeta perduto!

Nel 1905 Eduard Suess scrisse come il pianeta perduto di Daubrée e la Terra avessero la stessa, identica struttura interna. Tutto partendo unicamente dallo studio delle meteoriti. L’identità della struttura interna di Terra e del pianeta ideale, riscontrata successivamente negli altri pianeti rocciosi, rende testimonianza di una storia iniziale identica per tutti i pianeti rocciosi. Processi identici, con durate leggermente variabili da pianeta a pianeta, occorsi sempre e comunque all’inizio della storia del Sistema Solare: il Gradualismo di Hutton applicato alla storia globale del nostro e degli altri mondi.

La struttura interna della Terra nelle sue componenti, Crosta e Mantello rocciosi; Nucleo esterno ed interno, rispettivamente di nichel-ferro (NiFe) fuso e solido.
Credit: Johan Swanepoel

La lungimirante frase di Hutton dimostra come lo studio delle meteoriti, rocce e sistemi minerali d’altri mondi, possa essersi rivelata… illuminante riguardo la struttura interna della Terra! La Geologia Planetaria sta facendo il resto, colmando lacune nella storia dei pianeti rocciosi e aprendo nuovi mondi e nuove storie, ma sempre nell’ottica che… i fenomeni attuali sono gli stessi del passato.

Altri scienziati hanno ripreso la concezione che Geologia ed Astronomia non sono così scollegate come si potrebbe pensare:

La storia della Terra è inseparabilmente collegata a quella del nostro sistema planetario, ed il vuoto tra Astronomia e Geologia è riempito dalla Cosmogonia.

‒ R. W. van Bemmelen (1904-1983), geologo strutturale e vulcanologo.

L’Astronomia riguarda tutto l’Universo visibile, del quale la nostra Terra non è altro che una parte relativamente insignificante; mentre la Geologia si preoccupa della Terra come individuo. L’Astronomia è la più vecchia delle scienze, dove la Geologia è la più nuova. Ma le due scienze hanno questo in comune, che entrambe ti garantiscono una magnificenza dello sguardo, ed un’immensità della vista negata a tutto il resto.

‒ C. Lapworth (2012). Proceedings of the Geological Survey of London.

Ed infine una citazione che lascia intuire come quanto detto per una roccia della Terra, vale bene per qualsiasi roccia di qualsivoglia pianeta del Cosmo:

Per miliardi di anni la Terra paziente ha ammassato documenti inscritti di segni e figure che giacevano non visti e non usati. Oggi, finalmente, loro si stanno svegliando, poichè l’uomo è venuto a destarli. Le pietre hanno cominciato a parlare, poichè c’è un orecchio disposto ad ascoltarle. Gli strati son divenuti storia e, risvegliati dal sonno incantato dell’eternità, si levano in una danza senza fine, immagine della variegata vita, dalle nere profondità del passato alla luce del presente.

‒ H. Cloos (2012). Conversations witht the Earth.

Simone Lentini

Bibliografia e Sitografia
Cloos Hans (2012) in “Conversations witht the Earth” quoted in Gaither’s Dictionary of Scientific Quotations, Springer Science & Business Media, p. 1785.
Goodrum, Matthew R. (2008). Questioning Thunderstones and Arrowheads: The Problem of Recognizing and Interpreting Stone Artifacts in the Seventeenth Century. Early Science and Medicine. 13 (5): 482–508.
Hamy, M.E.T. (1906). Matériaux pour servir à l’histoire de l’archéologie préhistorique. Revue Archéologique. 4th Series (in French). 7 (March–April): 239–259.
Eddy, Matthew Daniel (2011). The Prehistoric Mind as a Historical Artefact. Notes and Records of the Royal Society. 65: 1–8.
Lapworth Charles (2012). Proceedings of the Geological Survey of London quoted in: Gaither’s Dictionary of Scientific Quotations, Springer Science & Business Media, p. 873.
McCall, G. J. H., Bowden, A. J., & Howarth, R. J. (Eds.). (2006). The history of meteoritics and key meteorite collections: fireballs, falls and finds. Geological Society of London.

Wilfried Schroeder. Some Aspects in Emil Wiechert’s Scientific Work.
Sito controllato il 26 febbraio 2019.

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