Grazie all’Osservatorio Astronomico Giuseppe S. Vaiana di Palermo, l’O.R.S.A. ha disponibile, fotocopiata dall’originale, la copia integrale del De Admirandis Coeli Characteribus di Giovan Battista Hodierna.

Riportiamo di seguito la traduzione a cura di Domenico Ognibene e la trascrizione della prima parte dell’opera.

 

De Admirandis Coeli Characteribus
– G. B. Hodierna –

Suddivisione dell’opuscolo

E’ nostro dovere capire quelle cose che ci vengono proposte per la spiegazione in modo breve, per quanto concerne l’ammirazione dei segni del cielo;  pertanto dividiamo l’operetta in quattro parti.

Nella prima di queste ci proponiamo di considerare prima per quali caratteristiche, invero, le Nebulose differiscano dalle Nascoste, oppure dalle Luminose, perché si distinguano le singole specie.

Nella seconda parte bisogna cercare con diligenza quanti siano nel cielo altissimo i fenomeni di questo genere che meritino di essere distinti col termine di Nebulose, Occulte o Luminose e quanti siano osservati dagli astronomi.

Nella terza parte bisogna spiegare quali siano queste stelle, che meritino di essere designate con tale nome: di quale natura siano e quali siano le loro cause.

Nella quarta parte, infine, indicheremo alcune stelle vicine, ossia Geminate o Duplici, e dimostreremo la concordanza con il sistema del mondo di Copernico. Dopo esporremo la costellazione delle Nebulose, delle Luminose e delle Nascoste come alcuni esempi da osservare con gli occhi e da considerare prima con la mente. 

PRIMA SEZIONE

In questa prima parte si devono indicare le caratteristiche della diversità, per la quale le nebulose differiscono dalle stelle occulte e dalle luminose, e parimenti bisogna dare la definizione della differenza di ciascuna.

Sembra che alcuni astronomi siano stati soliti considerare le nebulose, altri le estensioni del cielo stretto, che si sarebbero potute distinguere sotto il cielo molto vario, come le nebulose o le sfere alquanto scure: ma nello stesso sito del cielo, e rimanenti per sempre: così che perpetuamente distano ugualmente dalle medesime stelle fisse.

Di queste, le più possibili sono osservate nella Galassia (Via Lattea) o presso la Galassia, soprattutto nell’emisfero australe; in verità dalla Via Lattea si allontanano il meno possibile; ed infatti sembra che non differiscano essenzialmente dalla costellazione lattea, sicchè per tal motivo si crede e si opina che alcune parti della Galassia siano distanti da essa.

Ma le costellazioni, che Tolomeo definisce occulte, mentre Copernico e i più moderni chiamano oscure, per nulla potrebbero essere chiamate estensioni nebulose, ma stelle cieche, e le rappresentano coperte come da un velo nebuloso; dicono pure fino a qual punto si sarebbero potute distinguere le costellazioni di tal genere, non ugualmente trasparenti e fornite dello splendore della luce, come pure le altre costellazioni celesti: l’una e l’altra specie oscura e nuvolosa estesa per tutti e molto visibile per la straordinaria grandezza: quella occulta, in verità, molto piccola e nascosta, così che non può essere distinta dalle altre costellazioni se non con un grande sforzo degli occhi.

Inoltre sembra che le costellazioni luminose differiscano dalle nebulose tra di loro perché chiaramente quelle luminose sono una densa moltitudine o massa di stelle; diversamente invece le nebulose, che rendono l’universo perfettamente nebuloso, l’universo nel quale nessuna costellazione si veda in modo visibile. In quanto fu possibile rappresentare dall’aggiunto piccolo spazio ogni singola specie di costellazione alla vista.

LA DEFINIZIONE DI NEBULOSA

Si deve fregiare del titolo di nebulosa quella parte o nesso dell’altissimo cielo che possa rappresentare in modo immediato o ad occhio nudo alla perfezione il tipo di nuvoletta, sebbene poi, quando l’occhio sia rafforzato da un cannocchiale con cui si guarda da lontano, non sembri affatto visibile intorno l’insieme nebuloso o una semplice costellazione, ma un abbondante raggruppamento di stelle. E di conseguenza la nebulosa mostra di essere niente altro che un’aggregazione disordinata di stelle nell’altissimo cielo ed essa, a causa dell’irradiazione confusa alla vista di altrettante luci molto tenui, si presenta sotto l’apparenza di una sola nebulosa ai mondi e ai sensi.

DEFINIZIONE DELL’OCCULTA, DELL’OSCURA, OSSIA DELLA STELLA CIECA.

Si deve fregiare in verità del titolo di stella occulta quello strettissimo nodo del cielo ed essere reputato degno a tal punto quando appaia allo sguardo immediato dell’occhio, come se apparisse coperta da un tratto nuvoloso del cielo; nondimeno quando l’occhio sarà fornito di un cannocchiale con cui si guarda da lontano e accadrà di vedere lo stesso nodo del cielo, allora sembrerà di vedere non una stella semplice, ma o molteplice, dalle parti distinte, o un non chiaro splendore indiviso di luce.

E di conseguenza la stella occulta mostra di essere nient’ altro che una strettissima aggregazione di stelle molto tenui in una cavità più profonda, che a stento l’occhio, aiutato da un cannocchiale, potrà vedere.

DEFINIZIONE DELLA LUMINOSA.

Inoltre crediamo che debba essere considerata luminosa o più convenientemente costellazione quella che, essendo pure un’aggregazione confusa di stelle che s’incontrano, tuttavia, sia fino a quando queste stelle si trovano più vicine a noi, sia fino a quando sono più grandi e distanti tra di loro a causa di spazi più estesi diventano parti estese alla vista, per quanto appare molto evidentemente nella Chioma di Berenice, che, essendo indicata da Tolomeo col nome di una sola stella luminosa, tuttavia una fitta moltitudine di stelle in quel tratto di cielo si vede ad occhio nudo.

Diversamente, invece, capita nelle nebulose, poiché in quei tratti di cielo non si vede stella alcuna chiaramente, ma tutte si celano sotto l’aspetto di una nuvoletta, come appare chiaramente nella nebulosa Presepe. Simile è pertanto la forma sostanziale comune a tutte: cioè una massa di stelle che si uniscono; ma la forma accidentale non è la stessa per tutte; infatti in riferimento all’aspetto le luminose differiscono dalle nebulose e dalle occulte, come abbiamo indicato. Infatti la stella luminosa mostra di essere nient’altro che un’estesa e confusa aggregazione di stelle: la nebulosa, in verità, non è affatto vasta, ma una nascosta aggregazione di stelle.

ALCUNI ESEMPI CHE SERVONO AD UNA MAGGIORE SPIEGAZIONE DELL’ARGOMENTO.

Tutte le volte che vediamo l’abbondante massa di gru che emigrano da lontano, se non fosse udito lo schiamazzo, non potremmo tuttavia distinguere cogli occhi se sia l’involucro di una nube nera o qualcos’altro; ma, quando si siano avvicinate al nostro capo, potremmo distinguere la disposizione degli stessi volatili e persino il loro numero. Così riconoscerai da lontano lo sciame indistinto delle api e potrai capire che si tratta di un turbine fumoso: ma quando si avvicinerà, ti accorgerai che si tratta di una moltitudine di api.

Guardando in verità dalla profondità di una valle, essendo il cielo nuvoloso, si protende dalle nubi la coda del Dragone che si muove, per così dire, e potresti osservare che si contrae in vari nodi, prevedendo subito che si rovescerà una tempesta di pioggia, ed ho provato paura; ma, salendo sulla cima della convalle, trovo una grande moltitudine di Muscioni che giocano e mi accorgo che hanno ingannato me e i miei compagni. Così è accaduto nell’aggregazione delle stelle: infatti, sebbene siano di pari numero e distino reciprocamente con un uguale intervallo, cosicchè occupino nel cielo un uguale spazio, quando, tuttavia, si allontanano molto da noi in una cavità più profonda del mondo, si riportano alla vista sotto un cono di visione più stretto e si rappresenta necessariamente al senso l’aspetto molto confuso di quelle: e al contrario, in verità, quando spunteranno per noi dalla cavità più bassa del mondo, subito le loro parti diventeranno estese. E’ possibile, poi, che la stella occulta sia distante dalle altre stelle manifeste, quanto queste estese distano da noi.   

PARTE SECONDA

In questa parte si deve cercare accuratamente quante siano le Nebulose; quante le Occulte, quante parimenti le Luminose e in quali zone del cielo queste siano esaminate e indicate dagli astronomi.

Tolomeo con i più antichi, come pure i suoi seguaci fino a Tico Brahe, indicarono chiaramente non più di cinque nebulose in cielo, brillanti nell’universo.

  1. La prima nella costellazione di Perseo sopra l’estremità della sua destra.
  2. La seconda sul petto del Cancro e questa furono soliti chiamare dal Presepe
  3. La terza, che tiene dietro alla coda dello Scorpione verso Oriente.
  4. La quarta, che è sulla testa del Sagittario e doppia sopra l’occhio.
  5. La quinta sul capo di Orione.

Tolomeo designa nel suo catalogo delle stelle queste cinque nebulose, delle quali si potrebbero chiamare nebulose veramente le prime quattro; ma la quinta veramente la considererei tra le luminose, fin dove in quella costellazione, che presiede sulla testa di Orione, evidentemente splende una moltitudine di stelle, secondo la terza definizione: in nessun modo poi, in verità, riporta la nebulosa, che è contro la definizione di Nebulose.

Perciò i più moderni, istruiti dal suo esempio, annoverano anche molte nebulose, a somiglianza di quella piccola, che risplende nell’occhio del Sagittario. Infatti Brahe e Longomontano, suo discepolo, indicano quattro nebulose sul capo del Capricorno, ma così piccole, che a stento, con grande sforzo della vista, si possono vedere chiaramente.

  1. La nebulosa che precede l’estremità superiore.
  2. La nebulosa occidentale di fronte alla base del triangolo
  3. La nebulosa orientale.
  4. La nebulosa che precede di fronte.
  5.  

In verità tutte queste sono così piccole che sembrano dovere essere annoverate tra le oscure.

Quindi sarebbe possibile vedere quanto Brahe sia stato ingegnoso per quanto riguarda la costellazione del Capricorno, poiché si trovano parecchie e più notevoli nonché chiare nebulose tra lo Scorpione, il Sagittario nella costellazione di Sirio e presso di essa, e anche nella zona boreale; tuttavia non le vide.

  1. La quinta, inoltre, si osserva chiaramente nella costellazione di Ercole.

Osserva l’ultima delle tre oscure nel suo piede sinistro, mentre Longomontano la osserva nel piede sinistro della Gnossia, che io, in verità, non ho potuto osservare né distinguere, forse per la piccolezza.

I più moderni con gli antichi, in conclusione ed in generale, osservano dieci nebulose e non più nell’emisfero, visto da noi europei: a queste in verità aggiungo anche altre cinque notevoli nebulose evidentemente.

  1. Una che è rivolta sopra la coda dello Scorpione verso il Nord e che è rivolta verso il Carro secondo l’osservazione del grande sistema tolemaico.
  2. Una che si trova presso la Via Lattea al di sopra della freccia del Sagittario verso Ovest.
  3. Una che si trova sopra il capo di Algol , sull’omero sinistro di Perseo.
  4. Una che precede il becco del Cigno in mezzo alla bisezione della galassia, sulla stessa linea, da prolungare dalla Lucida dell’Aquila alla Fidicola.
  5. Una che è presso il triangolo, e duplice da entrambi i lati.

Si vedono due stelle radiose informi presso le spalle del Leone, verso la coda dell’Orsa e verso la Chioma di Berenice non solo alquanto scure alla vista immediata, ma anche visibili al cannocchiale, e sembra che rappresentino del tutto la forma di una cometa e non in verità l’aspetto di stelle doppie o plurime che si aggregano reciprocamente, ma rappresentano interamente un involucro nebuloso; di queste abbiamo letto qualcosa nell’abaco di Tolomeo. Si vede una stella occulta che precede il dorso meridionale della Chioma. Quella di esse che viene dopo si trova nella figura simile ad una rosa sparsa ed è di specie volubile. Anche Copernico la esalta dicendo che si trova nella figura di una foglia d’edera. A queste due in verità degne di ammirazione ne aggiungo una terza molto visibile (per quanto ne sappia) da nessuno vista .Osservo in verità questa costellazione cieca sopra la coscia destra di Andromeda o sotto il giglio di Cassiopea e dietro le due lucide nell’estremità della piccola zona che pende dal cingolo della stessa Andromeda, la quale, sebbene rappresenti una nebulosa alla vista immediata, tuttavia non appare per niente nebulosa ma anche cieca fin dove è osservata col cannocchiale; nessuna moltitudine di stelle aggregantisi si manifesta nella sua grandezza , ma piuttosto come splendore di una costellazione occulta, a guisa di cometa, come anche le due stelle tolemaiche prima analizzate, presso la chioma di Berenice.

Vedi pertanto quanti caratteri degni di ammirazione si trovano in cielo, sulle cui cause nascoste dobbiamo anche noi filosofare. Poi, oltre le dieci costellazioni occulte, preferite da Tolomeo e le undici osservate da Brahe e quella sola da noi indicata, le quali raggiungono in generale il numero di ventidue, potrei osservarne anche di più come costellazioni singole del cielo, con qualunque nome siano chiamate e se ne trovano soprattutto di occulte, di oscure e nebulose.

Nel Pesce settentrionale presso Andromeda.

Presso le Iadi e le Pleiadi.

Nel braccio destro e nel bastone di Orione.

Presso il Triangolo.

Presso il capo dell’Ariete.

Presso il capo di Medusa e dappertutto presso la Via Lattea.

E’ impossibile infatti scorgere e indicare tutte le nebulose e le costellazioni oscure; infatti pare che ne abbiano scritto per sé alcuni studiosi di astri.

3) Infatti sembra che tutti i più recenti studiosi con Tolomeo le abbiano chiamate costellazioni luminose, tranne una, che hanno chiamato per antonomasia luminosa. Mentre moltissime se ne trovano più luminose e gli astronomi ne hanno scoperte molte altre ugualmente note, le quali si trovano sopra la coda del Leone splendenti a Nord; c’è una costellazione che chiamano la Chioma di Berenice o Trica, che si vede in modo meraviglioso.

Queste costellazioni dai Latini sogliono essere definite Vergilie (o Pleiadi) dal tempo della primavera, durante la quale sorgono contemporaneamente con il sole e queste sono sette per coloro che possono vederle più acutamente; colui invece che le vede con vista più debole a stento ne può contare cinque con libera visione. Infatti, con l’ausilio del telescopio, sono solito contare oltre sette stelle riconoscibili, e almeno altre trenta in questa particolare aggregazione di stelle, in quanto sono sotto: i raggi si vedono chiaramente. I nostri a ragione definiscono questa ragguardevole costellazione comunemente Pollara in quanto si raccolgono in gruppo a mo’ di chioccia; mentre i più antichi vanno oltre in linea di massima chiamandola madre Gallina.

L’immagine della costellazione delle Pleiadi, come si vede ad occhio nudo, si osserva inferiormente sotto la grandezza di una sola posizione e se ne vedono pure le distanze.

Il circuito del loro posto Stelle Longitudine Latitudine

L’immagine della stessa luminosa può essere osservata col telescopio come quella delle Pleiadi.

Le reciproche distanze delle Pleiadi osservate da don Vincenzo Muto le abbiamo cambiate secondo l’appendice del nuovo Almagesto, seguendo l’opinione di P. Riccioli, e così stanno evidentemente.

Quella di mezzo e quella lucida delle Pleiadi distano dalla boreale che segue trentuno minuti (60^ parte del grado).

Quella che segue più a Nord, molto in basso molto vicina all’occidentale, dista 30 minuti.

Quella che segue più a Nord dista dalla più splendente delle occidentali 22 minuti.

L’altra che si trova più a Nord dista da quella occidentale più a Nord 11 minuti.

Quella più lucida tra le occidentali dista dall’occidentale più a Nord 22 minuti.

Quella di mezzo e quella lucida delle Pleiadi dista dalla più bassa occidentale 22 minuti.

Quella più lucida delle occidentali dista dalla più bassa occidentale 24 minuti.

Quella media e quella lucida delle Pleiadi distano dalla più alta orientale 26 minuti.

Quella più alta tra le orientali dista da quella che è sul vertice verso Est 4 minuti.

La seconda costellazione, molto visibile e di tutte la più grande, alla quale bisogna attribuire molto giustamente il nome di costellazione luminosa, splende nello stesso spazio di cielo, evidentemente sul capo del Toro, come quello che tiene insieme la grande massa di stelle che si uniscono tumultuosamente e le circonda.

Quelle più luminose fra queste costellazioni sono chiamate da parte del loro fratello Io con termine patronimico Iadi, mentre le stesse sono denominate dai poeti Sorelle; i Latini sogliono chiamarle Succule (Scrofette) dai maiali, poiché, sorgendo o tramontando sempre insieme col sole, secondo il costume dei maiali, abbeverandosi delle acque, sogliono essere chiamate dai Latini Pluvie e suscitano tempeste.

Affermano poi che le Iadi sono sette, in verità ciascuna in ogni occhio, ma quella che è nel sinistro, la più chiara di tutte, la chiamano Palilizio (Palilie o Iadi, che scomparivano nel crepuscolo della sera durante le feste Palilie); nella parte centrale della fronte si osserva una stella, nelle narici due: e altrettante nella sporgenza delle corna: oltre queste sette costellazioni ce ne sono di più luminose, e se ne possono osservare altre sette nel petto e nelle ginocchia del Toro: chiunque facilmente potrebbe contarle, oltre alle altre innumerevoli costellazioni meno luminose, che si trovano in questa costellazione luminosa, poiché, per mezzo del tubo di Dedalo, è possibile a chiunque osservare ciò sullo stesso volto del Toro, ma quelle che si osservano a occhio nudo in questa meravigliosa costellazione del cielo, nel vicino spazio così da parte mia, poiché si raggruppano reciprocamente, queste costellazioni dovettero essere scoperte.

Al contrario le costellazioni che si osservano con il cannocchiale, innumerevoli, ai sensi bisognerebbe rappresentarle con una suddivisione, in base ad una differenza e potrebbero causare confusione, per la qual cosa ho desistito dal proposito.

DESCRIZIONE DEL POSTO DI QUESTE COSTELLAZIONI PRINCIPALI.

  1. Le prime nelle Narici Long. Gradi 57, Lat. Gr. 5,46 da quelle del Sud.
  2. Gli occhi del Toro a Nord Long. Grad . 3,39, Lat. Gr. 2,36 a Sud.
  3. La longitudine della costellazione del Palilizio ovvero dell’occhio meridionale della costellazione di Aldebaran è di 4,58, Lat. 5,31 a Sud.
  4. Le costellazioni che guardano verso l’occhio del Nord hanno una Long. 2,2, Lat. 4,2 a Sud.
  5. Le costellazioni che guardano verso Sud hanno una Long.di 3,7, Lat. 5,53 a Sud.
  6. Nel principio del corno del Nord la Long.è di 7,21, la Lat. 0,40 a Nord.
  7. Nel principio del corno del Sud la Long. è 8,158, la Lat. 3,40 a Sud.

  DESCRIZIONE DELLA COSTELLAZIONE LUMINOSA DELLE SUCCULE (SCROFETTE) OVVERO DELLE IADI, PER QUANTO E’ POSSIBILE OSSERVARE A OCCHIO NUDO.

Dobbiamo descrivere la terza costellazione luminosa che deve essere denominata per antonomasia da parte di tutti gli astronomi, che chiamano Trica di Berenice o Chioma, ed essa risplende alle spalle del Leone verso la coda dell’Orsa Maggiore ed abbraccia costellazioni anche se innumerevoli, tuttavia oscure come quella alla quale si attribuisce nient’ altro di singolare, se non un abbondante numero di stelle. Perciò non ne terremo conto.

La quarta costellazione luminosa splende nel lato destro di Perseo vicino alla Via Lattea, dove, oltre ad una costellazione di straordinaria grandezza, che risplende nello stesso lato, è circondata anche da alcune zone oscure.

La quinta costellazione nella spada di Orione è circoscritta da ventidue stelle, per quanto si osserva col telescopio. Ma questa costellazione luminosa appare più meravigliosa per uno splendore opaco, che sembra illumini intorno dal mezzo con tre stelle, sovrastando, per quanto è possibile vedere dalla stessa configurazione, nella vicina zona.

La sesta costellazione di Orione brilla là dove, per quanto è possibile, sono osservate ad occhio nudo soltanto tre stelle; tuttavia la costellazione vista col telescopio comprende quattordici stelle, in quanto sono circoscritte nelle vicina zona.

La settima costellazione luminosa splende molto nella terza zona, alle spalle dello Scorpione, per la coordinata disposizione di diciassette stelle, evidentemente, con la nebulosa ad essa annessa, la cui immagine viene rappresentata nell’allegato schema.

L’ottava costellazione luminosa brilla del colore dell’acqua dell’Acquario, molto più grande in massa, come rappresenta a ragione l’immagine dell’acqua che scorre e che spumeggia.

SEZIONE TERZA

Si deve spiegare in che cosa si distinguano reciprocamente le costellazioni, che sono denominate con gli speciali termini di Nebulose, Occulte e Luminose, e quali siano le loro cause.

Spiegate dunque ed esposte le differenze di queste fasi celesti e le denominazioni, in base alle quali differiscono reciprocamente ed in modo chiaro per quanto riguarda l’aspetto esternamente, come alcune nebulose, alcune occulte; alcune poi sono chiamate luminose; conviene che investighiamo e meditiamo anche le loro singole cause.

Sosteniamo pertanto che la causa materiale di questi fenomeni celesti è uguale per tutti quanti i generi delle Nebulose, delle Occulte e delle Luminose che chiaramente scopriamo per esperienza essere proprio della stessa Galassia o Via Lattea.

Si devono altresì rilevare la confluenza, l’armonia, l’aggregazione o l’incontro di molte stelle come pure il raggruppamento nello stesso spazio visibile del cielo altissimo, così che si rappresenta una moltitudine di stelle, fin dalla stessa creazione del mondo, secondo il comando del Sommo Creatore e si può osservare un tale e siffatto raggruppamento che, per la distanza da noi vista maggiore o minore, a ragione sono dette Luminose o Nebulose od Occulte.

Asseriamo che la causa efficiente è la stessa per tutte chiaramente, cioè la stessa irradiazione nella stessa zona del cielo confusa più o meno all’occhio di altrettanti corpi luminosi, fin dove la figura di un qualsiasi corpo lucido, che splende alla vista, colpisce ed eccita il senso della vista e lo rafforza.

Inoltre la causa formale, che non è la stessa per tutte, differisce in verità praticamente fin dove le figure dagli stessi corpi lucidi colpiscono l’occhio in modo diverso, per la forza della luce, ovvero in quanto più o meno abbiano colpito l’occhio distintamente.

Infatti, quando le immagini abbiano colpito l’occhio distintamente sotto diverse angolazioni, il senso afferrerà tale aggregazione di stelle sotto l’aspetto di una costellazione luminosa. Quando poi le stelle confuse sotto angolazioni più strette abbiano colpito l’occhio, la stessa vista afferrerà l’aggregazione delle stelle sotto l’aspetto di nebulosa. Se poi poche stelle si siano raccolte in un gruppo strettissimo o abbiano rappresentato alla vista nel più gran numero possibile un nodo strettissimo sotto il cielo, la vista coglierà le stelle che si raggruppano così reciprocamente sotto l’aspetto di stelle occulte.

Per quel che poi mostri la causa materiale, così che a tutti i fenomeni di questo genere sia comune la medesima e che quindi sia possibile distinguere, poiché come ad occhio nudo vediamo le costellazioni luminose, cioè la Chioma di Berenice, le Pleiadi e le Iadi e l’aggregazione delle stelle che si trovano vicine e come vediamo in maniera molto evidente trattarsi di aggregazione e come con l’aiuto del telescopio appaiono ingrandite le figure degli oggetti in un certo modo, così gli spazi intravisti si dilatano; comprendiamo che le costellazioni luminose nient’altro sono se non moltitudini ammassate di stelle; e questo, primo tra tutti i mortali, svelò Galileo nel suo Nunzio Sidereo; egli osservò nella nebulosa di Orione ventuno stelle e nella nebulosa Presepe trentasei stelle. Così sulla galassia scrive, cioè che la causa di essa è materiale, come abbiamo sostenuto.

Infatti la galassia nient’altro è se non un innumerevole ammasso di stelle congiunte tutte insieme. Infatti, in qualunque regione di essa il Peripicillo mostra subito degli argini alla vista con un gran numero di stelle, delle quali la maggior parte sembrano molto grandi e molto visibili, ma la massa di quelle piccole è certamente inesplicabile. Così afferma l’astronomo Erculeo.

Ma perché abbiamo bisogno di testimoni? Anche noi vediamo la stessa cosa, le osserviamo attentamente e le ammiriamo, non solo nelle parti della galassia e nelle singole nebulose, ma quasi dappertutto, dovunque rivolgiamo il telescopio per le singole regioni dell’etereo firmamento o per le costellazioni ne vediamo innumerevoli di grandezza promiscua, soprattutto dove guardiamo qualche traccia di splendore.

Inutilmente dunque si ingannano quelli che sostengono che la sostanza materiale delle stelle nebulose o della stessa galassia non sia altro se non un condensato della stessa sostanza eterea o una porzione addensata come un’espansione dell’altissimo cielo, che colma in modo invisibile l’universo e unisce l’universo, per un atto di condensazione e di contrazione di parti trasparenti, così che passi dalla più profonda trasparenza ad una somma opacità, per lo stesso motivo ovviamente, per cui con una curva maggiore si trasforma molto spesso in modo troppo tetro nella sostanza diafana di una nube.

Ma invano, dico, s’ingannano i sostenitori di questa tesi, cioè che sia eterea l’una e l’altra sostanza, che si trova sopra il globo del Lunario e che possa degenerare dalla forma naturale, contro la nostra affermazione che è compresa nel precedente opuscolo sulle cause delle comete, che avremmo voluto dimostrare.

Infatti la sostanza delle stelle differisce dalla stessa aria come dal gruppo delle stelle molto vicine, e la parte luminosa differisce formalmente dalla non luminosa come abbiamo affermato nello stesso luogo con le stesse asserzioni.

Se poi qualcuno forse volesse obiettare che alcune costellazioni occulte, (che noi riteniamo dover chiamare oscure) si trovano in cielo e che osservate col cannocchiale, per niente sembrano chiomate tra le stelle, ma piccole sfere nebulose o zone densissime molto simili per la sostanza, così che non appaia alcuna zona di stelle che formano la parte alta del cielo al punto che se ne possa osservare una traccia, ma, in verità, se ne possa osservare una parte condensata di aria, per quanto è possibile osservare in modo molto chiaro in quel nodo di cielo che brilla presso il ramo di Calliope nella parte destra di Andromeda dietro le due piccole stelle nella zona sovrastante della stessa Andromeda e nelle due occulte tra il dorso del Leone e la coda dell’Orsa Maggiore, indicate da Tolomeo e che anzi si osservano nella luminosa della spada di Orione e in alcune parti della galassia o nelle stesse nebulose tra le quali è possibile osservare oltre il denso ammasso di stelle, anche zone del cielo nebuloso che sovrasta le stesse stelle, non possiamo dire altro.

Per la soluzione di questo singolare problema, anzitutto, evidentemente, per supposizione, bisogna sostenere qualcosa di inconfutabile come assioma.

Si potrebbero osservare nell’universo delle stelle, che risplendono nella profondità dell’altissimo cielo come questo Sole e che tutte quante per niente sono coordinate e poste attorno nella stessa sfericità dell’universo, così che tutte quante ugualmente distano dalla Terra; ma si osserva che per le varie, molteplici ed immense sfericità dell’universo percepibile ai sensi e per gli intervalli molto ineguali, le stelle sono state divise nell’immenso spazio dal Creatore; per lo stesso motivo, in verità, per cui le stelle che si trovano attorno a questo Sole sono coordinate e ruotano in zone diverse e ineguali.

In tal modo però che sono coordinate senza nessun motivo reciprocamente quelle destinate a perire, come Sirio, Arturo, Capretta, Fidicola, Palilicio e le restanti stelle della stessa serie particolare, in una con le piccole stelle dell’Acquario, del Delfino, delle Iadi, delle Pleiadi, della Chioma di Berenice, per la sfericità di questo stesso universo e per la stessa distanza da noi e nello stesso tempo concorrono.

D’altra parte inoltre non possiamo sapere se realmente esistano stelle di primo e secondo ordine o se ce ne appaiano di penultimo ordine, maggiori. Infatti è possibile che se ne trovino di eguali reciprocamente per quanto è possibile per una distanza sempre maggiore dai nostri occhi ed esse sono uguali tra di loro, mentre le stesse appaiono più deboli, poiché non possiamo dimostrare se il Sole disti da noi più che le singole stelle tra di loro; siamo nondimeno più certi che la grandezza dell’universo percepibile ai sensi necessariamente si estenda nell’immensità e si espanda per quanto ci è possibile dedurre in modo inspiegabile dalla stessa altezza di questo Sole dalle terre.

Pertanto, premeditate e ammesse queste cose, rispondiamo all’obiezione: non perché alcune costellazioni nascoste o alcune zone del cielo appaiano ancora come nebulose, anche con l’aiuto del telescopio, e con un’acutezza rinvigorita dell’occhio e non perché si osservi alcuna traccia in esse di stelle, ne consegue necessariamente che quelle parti del cielo, perché hanno una sostanza condensata di aria, come pure le nubi che sono costituite da aria condensata, perché forse si trovano in una così grande altezza della sfericità e distanti dal nostro occhio, quelle costellazioni a noi occulte si allontanano, sicchè, anche servendoci del telescopio, non appaiano tuttavia ancora all’occhio le parti che contengono quelle zone di cielo estese alla vista, ma ancora si presentano indistinte.

Infatti quante volte moltissimi corpi lucidi sotto angoli acutissimi brillano alla vista, altrettante figure di esse, trasmesse all’occhio, reciprocamente e grandemente s’intrecciano e perciò il senso s’illude e si turba, al punto che veda e percepisca un solo corpo spesso e continuo, in quanto appare molto chiaramente nelle stesse nebulose del Cancro e dello Scorpione viste ad occhio nudo.

Ma che cosa dovrei dire? Si tratta forse di nubi e di nebulose, delle quali si pensa che si uniscono del tutto e sono accresciute da discontinue goccioline di acqua? Forse che si tratta di iridi e di antiiridi, secondo che appaiono senza interruzione come un anello di luce, e sono formate da innumerevoli piccole luci? Ma anche nei riguardi di queste, dobbiamo ragionare sulle cause dell’albedine con considerazioni più accurate. Intanto, se si osservano con un ottimo e grandissimo cannocchiale queste parti del cielo, che al contrario sembrano cieche, subito apparirà un ammasso di stelle.

Resta da spiegare anche la causa finale di questi fenomeni celesti con un’accurata indagine. In verità congetturo che si tratti di una causa tale che, evidentemente, ecciti i sensi dei mortali con l’ammirabile varietà di quelle stelle informi e con la bellezza, sicchè bisogna indagare le cause di quelle fasi, e come nient’altro siano se non stelle cieche o nebulose alla vista, se non stelle numerose che formano reciprocamente un ammasso, dal che si potrebbero capire la grandezza e la sapienza del Creatore magnificentissimo, fin dove è possibile distinguere l’universo sensibile e di una grandezza più o meno infinita, rivelato dalle stelle al nostro occhio: sicchè l’uomo può capire che la vastità del mondo è incomprensibile, in quanto contenga anche innumerevoli soli, molto simili al nostro, distanti reciprocamente moltissimo, intercetti e riscaldi e conosca in verità e realmente che il numero delle stelle è del tutto inspiegabile e noto al solo Dio sapientissimo, poiché egli solo conta il numero delle stelle e attribuisce a tutte quante il nome, secondo la parola profetica contenuta nel salmo 146.

Anzi il numero delle stelle dovrà essere paragonato ai granelli di sabbia del mare: poiché entrambi i numeri ci sfuggono, secondo quel famoso elogio dell’Altissimo, fatto ad Abramo in Genesi 12.

Osserva attentamente il cielo e conta le stelle, se puoi; e quindi di nuovo lo si potrebbe comprendere nello stesso luogo.

Benedirò te e moltiplicherò la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia, che è sul lido del mare, come si legge presso Geremia 33.Come non si possono numerare le stelle del cielo e contare granelli di sabbia del mare, così moltiplicherò la discendenza di Davide, servo mio. Chè se le stelle del cielo, per la moltitudine, non possono mai essere contate e ciascuna di esse, per quante ce ne siano, è inesplicabile per il numero, crediamo che la grandezza del Sole forse per la sua mole possa essere paragonata a ragione a questo Sole, che offre a noi l’alternanza dei giorni; lo stesso può dirsi della vastità della mole capace di contenere la grandezza della mole terrena 32.000 volte secondo l’opinione del molto Rev. Padre Riccioli nel primo libro del suo volume sull’Almagesto 3, cap. 11.

In realtà potrebbe contenere (considerata naturalmente la sua distanza dalle terre) 7.327 dei semidiametri della Terra. Quale mai, dunque, sarà la vastità di tutto quanto il mondo che le forma? E di conseguenza come la grandezza dell’universo visibile non può essere capita e spiegata da alcuna capacità umana, tanto meno è comprensibile la grandezza dell’universo o la grandezza del sommo Creatore a noi mortali, e la si potrà capire secondo quanto afferma l’apostolo nella lettera ai Romani 31. O altezza delle ricchezze della sapienza e della scienza divina; non sono incomprensibili i suoi giudizi e investigabili le sue vie?

 

QUARTA SEZIONE

IN QUESTA SI DEVE TRATTARE SULLE DUPLICI STELLE CONTIGUE O DOPPIE E SUL COINVOLGIMENTO DEL SISTEMA MONDANO DEI COPERNICANI.

Si potrebbe capire certamente da quanti inganni i nostri sensi potrebbero essere illusi, se non procedessimo con prudenza e in quali errori coinvolgano noi stessi per quelle cose, soprattutto, con le quali l’occhio ci inganna ed in quali inganni ci trascini.

Infatti splendono ovunque qua e là per l’aria alcune stelle doppie, che, essendo in verità due, tuttavia sono contenute da una così grande strettezza di spazio, che appaiono essere due distanti reciprocamente e sembrano unite esse stesse per il vincolo della contiguità: e così si crede che siano insomma non doppie, ma semplici. Sebbene infatti l’occhio molto libero creda che esse siano doppie, tuttavia si potrebbe pensare che esse reciprocamente distino per una così grande strettezza di spazio, sicchè non si possa neppure credere che s’inserisca tra di esse una terza della stessa grandezza; mentre, tuttavia, in verità, s’inseriscono più di venti o trenta stelle per la stessa retta, disposte in contiguità, come si vedrà più in là.

Ne deriva perciò necessariamente che gli astronomi, i quali abbiano forse reputato quelle stelle semplici, si sono ingannati nell’osservazione del loro posto, certamente nell’osservazione della longitudine e della latitudine. Infatti, siccome lo spazio delle stelle tra di loro risulta molto visibile, poiché ne risultano quattro, cinque o, come sostengono gli stessi misuratori dei gradi degli astri, tutte le volte che dirigono il goniometro a ciascuna di esse, pertanto necessariamente rimangono nascoste la longitudine e la latitudine: se, poi, misurano di nuovo la longitudine di una delle due, la troveranno diversa.

Quante più, poi, o innumerevoli stelle duplici di questa specie si trovano nell’immensità dell’universo, mentre a stento risplende la costellazione, nella quale l’una o l’altra doppia non si trovano, soprattutto nelle zone luminose, nebulose e oscure, tra le quali sono molto brillanti, quelle che si raggruppano evidentemente nello zodiaco, anche le eclittiche.

STELLE DOPPIE PRESSO L’ECLITTICA LONGITUDINE LATITUDINE

Segno Grad. Min Grad. Min.

La più orientale delle Pleiadi del Toro 25.32 3.52

Occhio nordico del Toro dei Gemelli 3.39 2.36 A

Piatto meridionale della Bilancia dello Scorpione 10.14 0.26 B

Corno occidentale del Capricorno del Capricorno 29.4 7.1

Delle tre sulla fronte occidentale dello Scorpione 28.20 1.40

Inoltre nella seconda fronte dello Spondilo dello Scorpione è molto brillante.

Nel piede sinistro brilla molto quella del precedente dei Gemelli.

Nella testa del Leone.

Nella testa del Dragone ci sono quattro stelle che costituiscono un rombo e che sono piccole sotto l’occhio.

Nell’ala destra del Cigno.

Nella metà della spada di Orione.

Nel piede posteriore sinistro della Lepre e quante più altre, il cui elenco si sviluppa all’infinito e dove potrebbero essere osservate.

Di queste stelle doppie poi alcune sono più brillanti; con l’aiuto del cannocchiale rivolto vicino al suo orifizio visibile, ho misurato gli spazi e li ho registrati, come risulta nell’aggiunto schema evidentemente.

Quelle gemelle del capo del Dragone e quelle medie della spada di Orione hanno uno spazio al di sotto di un minuto.

Quelle doppie della Libra meridionale hanno uno spazio di tre minuti.

Quelle doppie più ad oriente delle Pleiadi hanno uno spazio di tre minuti.

Quelle doppie nell’occhio settentrionale del Toro hanno uno spazio di quasi cinque minuti.

Quelle doppie nel corno precedente del Capricorno hanno uno spazio di cinque o di circa mezzo asse.

Quelle doppie nella coda dello Spondilo dello Scorpione hanno uno spazio di cinque minuti o di circa mezzo asse.

E poiché il disco di Giove si trova sotto nell’apparente grandezza di mezzo, nella parte inferiore di due o tre parti nello spazio di cielo di un solo minuto, come ci tocca dimostrare nella parte teorica dei Medicei, perciò lo spazio di quella doppia A-B intercetta una sola volta soltanto il disco apparente di Giove ,ma l’intervallo C-D intercetta il diametro che ha la funzione di unire nel piatto della Libra meridionale almeno quattro volte lo stesso pianeta di Giove.

Ma si trova sotto il disco di Giove sei volte della E-F orientale delle Pleiadi. Poi c’è quella doppia G-H, che splende sette volte nell’occhio settentrionale del Toro; la costellazione L-K che si raddoppia nel primo corno del Capricorno otto volte; inoltre s’estende nove volte la costellazione che si raddoppia nella seconda zona dello spondilo dello Scorpione e facilmente si può vedere; tuttavia poiché sembra che si possa intercettare alla vista immediata degli occhi a stento la terza parte del disco di Giove per la strettissima unione, così infatti sembra che queste costellazioni doppie si mantengano unite tra di loro, cosicchè sembra che non siano doppie, ma semplici, fin dove lo splendore della luce rende visibile e accende la figura intercettata, cogliendola all’improvviso.

Ma quando l’occhio, rafforzato dal telescopio, vede e gli aspetti degli oggetti sono molto amplificati, si può affermare che la stessa costellazione non è affatto semplice o doppia, unita da uno strettissimo spazio, ma che si tratta di due costellazioni e osserva che è distinta da un molto visibile intervallo; anzi, al di là di ogni credenza, vede due costellazioni molto distanti tra di loro, come bisogna dimostrare nell’apposito spazio.

Del tutto si osservano tra le innumerevoli costellazioni quelle che sono doppie molto distanti durante le notti di novilunio nello spazio col telescopio qua e là; alcune doppie e si vedono distanti tra di loro in uno spazio talmente stretto, che a stento si possono riconoscere e a stento le si possono osservare distanti tra loro; anzi vediamo piuttosto ugualmente ad occhio nudo che stanno insieme le doppie costellazioni del Toro, dello Scorpione o del Capricorno; così possiamo vedere anche alcune doppie costellazioni nelle nebulose di Perseo, del Cancro e dello Scorpione, con l’aiuto del cannocchiale, molto diverse, dal momento che sembra che le stelle si ammassino confusamente nel medesimo luogo, come un mucchio di pietre.

Ma, potresti dire, perché con tanta diligenza investighiamo su questa digressione riguardante l’unione delle stelle. Speriamo che noi stessi riusciremo forse, con la guida delle stelle, a spiegare l’oscurità dell’universo e a dimostrarne la verità.

Ma poiché c’erano quelli che stimavano la grandezza del mondo sensibile di Aristarco, di Filolao o di Copernico a piacere e che si estendeva più o meno dappertutto come un ammasso di stelle vaganti, ne deducevano quindi la rivoluzione annua del grande universo o della Terra attorno al Sole fermo e si accettava del tutto che non c’era nessuna parallasse visibile, ed evidentemente, in riferimento allo Scorpione, supponevano una parallasse.

Certamente per questa impercettibilità delle parallassi, se ne deduceva necessariamente che questo mondo planetario, che in verità abbraccia l’universo firmamento del Sole, fosse anche impercettibile rispetto alla grandezza di tutto il mondo sensibile, contenendo tuttavia lo stesso sistema mille sistemi solari nella sua profondità e inoltre se ne contano nel suo diametro 1316 sistemi lunari, mentre nella sua totalità si contano 1.600.000.000 mondi solidi lunari.

Ma vedi quanto grande allora sia la grandezza dell’universo in base all’ipotesi di Filolao prima considerata, cosicchè questo universo solare risulti uguale a qualunque stella tra le innumerevoli osservate prima nel firmamento del cielo. Infatti qualsiasi stella, come il Sole, rivendicherebbe a sé la coorte dei pianeti e i mondi risulterebbero innumerevoli, inoltre uguali a questo che ci appare, e sebbene non li avvolga contrariamente all’onnipotenza dell’Altissimo, tuttavia li contiene contro la sana dottrina delle Sacre Scritture.

Si dovrebbe ammettere pertanto la visibilità delle parallassi di questo genere e almeno così grande, quanto basterebbe perché sia colta da qualche senso. Si ammetta dunque almeno che alcuni fra i Copernicani ammettono la metà di un solo minuto nel semidiametro, e di un minuto intero in tutto il diametro dell’universo.

Affermo che necessariamente questo appare per la visibilità di questa parallasse presso le stelle polari, presso le quali la parallasse è molto visibile; ma l’ammettono anche tra le gemelle presso l’eclittica, mentre non ammettono uno spazio maggiore di un solo minuto, e più evidentemente presso quelle che hanno uno spazio minore di un minuto.

Questo credo che debba essere dimostrato. Si potrebbe ammettere secondo questo schema della rivoluzione annua dell’universo ABC, nel quale in eterno, secondo l’opinione dei Copernicani, il grande universo o la Terra stessa sono circondati, rivolti verso il punto A, dove appare collocata nel diametro del Sole DE e viene osservata molto vicina alle costellazioni EF vicine nella stessa regione dell’universo l’intercapedine che appare tra le stesse costellazioni congiunte, sicchè risulti, per esempio, la metà di un solo minuto, in modo che a stento sembri che possa intercettare il disco di Giove.

Quindi di nuovo è possibile osservare la rotazione della Terra verso la quinta costellazione da E o verso C, la settima, verso occidente o verso il crepuscolo mattutino delle stesse costellazioni congiunte ed è possibile altresì scorgere lo spazio EF; infatti questa costellazione necessariamente sembrerà più piccola per l’allontanamento C da quelle costellazioni, dove il diametro della sfera annua AG avrà avuto una visibile proporzione rispetto al diametro della sfera stellata EH.

Se poi nell’una e nell’altra osservazione del massimo avvicinamento verso A e del massimo allontanamento della Terra verso Ceade si sarà osservata in maniera evidente l’intercapedine, necessariamente (ne) conseguirà, dalle due ipotesi evidentemente o l’una o l’altra, cioè la verifica del sistema copernicano e di conseguenza, avendo un diametro della rivoluzione annua AG rispetto al diametro dell’universo stellato EG una proporzione impercettibile, la grandezza del mondo visibile rasenta l’infinità, in modo tale che la solidità del grande universo ABC risulti, rispetto alla solidità dell’universo come una delle costellazioni , che splendono nel cielo e, così, si possono contare innumerevoli mondi nell’universo simili a questo sistema solare.

Se poi la grandezza di questo universo non può essere compresa dall’umana visione, quale mente dell’universo potrà capire, se non la stessa divinità?

O certamente sono contenute dalla terra, che si trova nello stesso spazio dell’universo, come pure il Sole con il suo firmamento, nel quale si trovano tutte le costellazioni vaganti, che girano attorno allo stesso con una rivoluzione annua; e così necessariamente, distando la terra senza interruzione dalle costellazioni vaganti, sembrerà che gli spazi delle costellazioni durino eternamente gli stessi, per quanto sono colte perseveranti secondo la regola.

Ma il molto Rev. P. Giovanni Battista Ricciolo, nel libro 9°, 4^ sezione del suo nuovo Almagesto con quanti più ed esattissimi argomenti, anche per quanto concerne le piccole parallassi, che i seguaci di Copernico ammettono visibili, li convince dell’implicanza del moto annuo della terra, cosicchè non bisogna convincere dello stesso con altri argomenti.

Rimangono da delucidare alcuni esemplari di costellazioni nebulose, che abbiamo dedotto dal cielo e che abbiamo descritto con stile particolare, che debbono essere prima investigate dagli studiosi dei fenomeni celesti.

Tra le costellazioni nebulose pertanto il Presepe del Cancro, la più nobile tra tutte, poiché essa è solitaria e peregrina, è più distante dalla Via Lattea e occupa il primo posto; né infatti in essa appare l’impronta di qualche stella, tranne gli Asinelli, che girano attorno; in essa Galileo notò col telescopio trentasei stelle.

In verità si spargono trentotto stelle, oltre ad altrettante quasi, che sfuggono all’occhio per la debolezza della luce come abbiamo trattato le singole nella vicina zona. La sua longitudine centrale è di circa 1,56 gradi, la longitudine del Leone è di gradi 1,14 a Nord.

La seconda nebulosa, quella dello Scorpione precede in ordine le altre, ed è la più visibile tra tutte; se non che è strettamente unita alla stessa galassia, dietro l’aculeo dello Scorpione che declina verso l’Estremo Oriente e da costellazioni promiscue di diversa grandezza in numero di trenta, che sono ordinate reciprocamente, come sono descritte in questo opuscolo. La sua longitudine centrale è di circa 23 gradi, mentre la latitudine del Sagittario verso Sud è di 13 gradi.

La terza nebulosa, che tra tutte da Tolomeo è indicata per prima, si trova nella costellazione di Perseo sopra l’estremità della sua mano destra, sotto la costellazione di Calliope, molto visibile nella Via Lattea, per la grande abbondanza delle stelle che si raggruppano in due luoghi la cui metà si calcola in gradi.

La quarta nebulosa è la seconda e piccola delle due, che brillano presso l’aculeo dello Scorpione, si trova sullo stesso aculeo, declinando dalla zona grande verso Nord ed Occidente.

Il quinto raggruppamento nebuloso di stelle brilla, però, in modo visibile a stento, risultando formato da nove stelle nell’occhio destro del Sagittario e tra queste più splendente si nota sotto la longitudine di 16 gradi con la latitudine del Capricorno a Nord per 45 gradi.

Il sesto tratto nebuloso del cielo brilla molto nella stessa regione del Sagittario, sopra il dardo ad Occidente presso la galassia con una forma bislunga, poiché ha stelle più brillanti, come è espresso nella vicina regione. La sua longitudine è di circa 25 gradi, la latitudine del Sagittario meridionale è di 1 grado.

Il settimo tratto nebuloso, anche bislungo, brilla nella costellazione dell’Auriga, e l’immagine di questa costellazione, come si può vedere a occhio nudo, è piaciuto rilevarla qui.

L’ottava zona nebulosa è tra la bisettrice della galassia e sulla stessa retta, che si prolunga da quella lucida dell’Aquila fino alla Lira e ne vien fuori, e ne abbiamo espresso il nodo come esempio.

Non ho ancora osservato anche la nona, che viene indicata nella costellazione di Ercole e Gnosia nel piede sinistro da Tico.

Nel decimo luogo, quella che precede la testa del Capricorno e che risulta di un duplice tratto brilla leggermente dietro le spalle del Sagittario. E’ piaciuto notare qui la disposizione di questa costellazione nello schema aggiunto alle cose conosciute del Capricorno.

In questa parte sono rilevati tre tratti nebulosi CFG dei quali C molto visibile del tutto e abbiamo curato di indicarlo nella vicina zona.

Di queste stelle occulte non ancora viste dall’autore, vedi nell’appendice subito dopo come sono state osservate da lui, nella loro qualità. Oltre queste dieci nebulose, i cui esemplari abbiamo stabilito di dovere osservare con gli occhi e di indicare qui, quante più è possibile, o anche più luminose forse, si vedono qua e là nel cielo: tra queste molto splendente è la nebulosa intercanicolare, che si trova sulla stessa retta da tirare dalla coda di Sirio ad Algomcisa della Canicola, parimenti verso Sirio ad oriente, dietro la coda di Sirio presso il triangolo di qua e di là; presso il corno orientale dell’Ariete; nella parte settentrionale dei Pesci presso Andromeda, presso la lucida coda del Cigno a Nord; presso le Iadi e le Pleiadi; nel braccio destro di Orione e nel bastone che parimenti brilla molto nel capo di Algol, a stento visibile.

Inoltre si notano anche stelle occulte nel maggior numero possibile, dappertutto in cielo, nel corpo del cielo dietro la coda; nella costellazione dell’Eridano brilla molto dopo l’infima zona ad occidente in modo scuro; tra la Lepre e la Colomba se ne trovano inoltre innumerevoli nella Galassia, che è molto difficile indicare, ma considerando che ho proposto queste poche cose celesti agli studiosi, chiaramente mi pare di aver fatto molto.

Abbiamo proposto di considerare nell’aggiunto spazio alcuni esempi in verità di stelle occulte.

Infatti si vedono sotto il cielo nitidissimo quante più costellazioni luminose di questo genere, come ora certamente indicheremo in ordine. Il primo e il principale gruppo di tutte le stelle splende nel collo del Toro con sei o sette stelle risplendenti, oltre alle altre molto numerose che per la tenuità e la vicinanza formano un apparato, sfuggono allo sguardo, sicchè per la loro varietà i grammatici credono di doverle chiamare con termine greco Pleiadi.

Le Pleiadi si trovano in alto sopra gli omeri paterni. Gli astronomi sogliono dire che esse siano o sei o sette di numero.

 

COROLLARIO

I

Dalla tenuità apparente delle stelle non si deve argomentare assolutamente sulla loro maggiore distanza sopra l’altezza delle stelle più splendenti ed è necessario che si nasconda Sirio, poiché stanno attorno ad esso le piccole stelle annue; è necessario pertanto che si allontanino di più dal nostro occhio e che brillino, per l’apparente grandezza.

II

Donde è risultato che le stelle disordinate per l’universo appaiano situate intorno, sicchè nessuna armonia di ordine possa essere vista attorno in esse, anzi piuttosto le maggiori con le minori sembrano andare insieme reciprocamente e tumultuosamente in masse e raggruppamenti vari.

Forse perché il nostro occhio puntato fuori della serie di esse, la ragione ottica non permette di guardare il loro ordine, o poiché la serie dell’ordine divino è necessario che sia molto distante dalla possibilità umana, nondimeno si possono osservare da noi le stelle dell’altissimo cielo nella stessa superficie della sfera, ma per la profonda diversità dell’aria, motivo per cui appaiono come delle stelle erranti, la cui sfericità e il cui moto sono coordinati nei riguardi del Sole; lo stesso dicasi del circuito, della rivoluzione e progresso che risultano molto disordinati a noi terrestri; parimenti si osserva una disordinata serie di stelle che errano, fin dove forse sono coordinate al centro dell’universo di tali stelle, così come verso il centro della Terra.

III

Forse le stelle del cielo che sembrano aggregarsi in massa in vari raggruppamenti reciprocamente, come succede nelle nebulose e nelle luminose, si uniscono per lo stesso motivo tra di loro sempre più avvicinandosi più che le altre stelle, che sembrano essere molto distanti, così che distino tra di loro le teste dei Gemelli, più delle stelle che sembrano andare insieme nella nebulosa del Presepe o nell’occhio settentrionale del Toro.

E’ possibile in verità per quanto riguarda la latitudine, però non assolutamente. Infatti, per quanto riguarda la profondità, sempre più distano due stelle, che ci appaiono vicine più di quanto non lo siano la testa di Castore da quella di Polluce; il che implica che piuttosto distino tra di loro molto più alcune delle contigue, come il Sole risulta distante da noi e questo si vede molto evidentemente nelle stelle erranti; infatti sebbene talvolta Venere o Mercurio con Giove o con Saturno sembrano materialmente andare insieme, tuttavia allora queste stelle sono distanti reciprocamente, così come il Sole stesso è distante da noi.

IV

Donde risulta che alcune stelle sono più luminose, alcune più oscure, alcune poi rosseggiano o hanno il colore azzurro o bianco, e così appaiono essere diverse reciprocamente, sicchè sembra che le stelle erranti distino tra loro sostanzialmente.

Forse perché non tutte le stelle semplici esistono come appaiono, ma variamente e per un molteplice concorso di stelline, unite tra di esse, confondono la naturale chiarezza, le rendono più deboli e le adulterano, come appare in alcune stelle occulte, che, poiché sono duplici o molteplici, rendono la stella semplice ma oscura, e per la varia connessione di una delle due, irraggiano un colore diverso all’altra, fin dove brilla la composita criniera della luce, però non in modo chiaro, poiché la sostanza della luce non si unisce ugualmente e densamente nella solidità di qualsiasi stella.

V

Forse sarà possibile o potrebbe accadere che qualche stella fra quelle erranti (cioè Mercurio, Venere, Marte, Giove o Saturno), imbattendosi per la via in qualche altra fra quelle che ruotano presso la doppia eclittica, (poiché può andare al di là verso la doppia dell’occhio del Toro settentrionale o del piatto della Bilancia meridionale, o poiché oltrepassa il corno del Capricorno che precede, o per la nebulosa del Cancro o di quella costellazione che è presso il dardo del Sagittario a circa 25 gradi per lo spazio intermedio) si verifica che non tocchi o ricopra nessuna delle due.

E questo succede molto spesso e molto facilmente. Infatti, poiché è stato osservato precedentemente nella quarta sezione di questo volumetto, accade che intercetti l’intercapedine della doppia luce meridionale, che è la più piccola di tutte quelle doppie, che risplendono presso l’eclittica della solitaria ed intercetti pure il disco di Giove quattro volte e potrà intercettare in lungo e in largo una volta, e di conseguenza può accadere che, oltrepassando in mezzo al Presepe, sembra che non si possa vedere nessuna della moltitudine di quelle stelle; la qual cosa potrà essere vista con l’aiuto del cannocchiale.

Questa operetta ha trattato dei caratteri del cielo degni di ammirazione poiché gli astri splendono in nome di Dio.

Il sole brilla a circa 0 gradi, la Luna a circa 13 gradi, Saturno a circa 22 gradi del Leone.

 

APPENDICE

Dopo l’opuscolo composto sull’ammirazione dei caratteri del cielo e offerto alla stampa il 1° Novembre, guardando il cielo e quella zona del cielo che appariva dopo il sorgere del sole, libera da ogni impedimento del crepuscolo e molto chiara e nella quale apertamente Tolomeo indica la costellazione occulta, che crede nella figura simile ad una rosa sparsa, poiché in verità, facendo il giro attorno, può essere osservata, non si può scoprire in quella regione del cielo alcun fenomeno che rappresenti un esempio della cometa alla perfezione, come avevo capito dalle parole di Tolomeo.

La qual cosa, perché poi qualche studioso dei fenomeni celesti (anche su mio suggerimento) può incappare nello stesso errore, nel quale errore parimenti sono incorso nell’interpretare le parole un po’ oscure di Tolomeo, mi sono posto. Infatti quel fenomeno celeste, che mostrando la similitudine di una cometa a cominciare dalle Idi di Luglio fino alle Idi di Agosto del corrente anno 1653, nascondendosi sotto il crepuscolo vespertino, l’ho preso per stella occulta, ho visto quindi trattarsi del tutto di una cometa ed io, per il lento corso, proseguendo sulla successione naturale dei segni, nascondendomi sempre sotto il crepuscolo, mi accorgevo che era visibile e perciò ho deciso che quale mai o di qual genere sia quella regione del cielo, che a Tolomeo appariva sotto forma di rosa sparsa e a Copernico sotto forma di trono che tiene dietro, mentre a me in verità oggi appare sotto forma di pino, devo indicarla con un epiteto e potrei dimostrarlo a tutti gli studiosi, che prego pure che indulgano alla mia sincerità nell’interpretazione delle parole di Tolomeo.

Infatti se il testo di Tolomeo nel catalogo delle costellazioni tratta delle stelle, che sono presso il Leone e non sono nella forma nella penultima di esse, quella definizione “di simile” si potrebbe leggere in caso indiretto, cioè “che è nella figura simile ad una rosa sparsa” e perciò la percezione appare reciproca e non passa in altro e pertanto in verità non mi sarei sbagliato. Così infatti su questa costellazione occulta si legge nell’Almagesto edito a Venezia, nel 1515, il 10 Gennaio.

Quella che viene dopo di esse è nella figura simile ad una rosa sparsa e l’aspetto è volubile. Veramente credo che si debba interpretare così il senso di queste parole.

E questa costellazione nel suo aspetto o immagine che presenta dinanzi a sé è simile ad una rosa espansa, e il suo aspetto appare a guisa di fiore, cioè rappresenta l’immagine di una rosa; ma quel che frattanto mi attrasse molto e mi indusse più facilmente a crederlo, era ciò, il vedere cioè nella stessa zona del cielo perfettamente una stella insolita, ma che si nascondeva nel crepuscolo serotino, e che vista con il cannocchiale rappresentava chiaramente una specie di rosa, ma anche che brillava a mo’ di splendore raggiante ed io, osservandola di nuovo e ripetutamente poi, credetti che potesse trovarsi presso il tramonto del Sole e che fosse apparsa dietro rispetto alle due che Tolomeo indica.

Ed in verità inutilmente infatti un nodo nebuloso nell’estremità del cingolo di Andromeda visto mediante il cannocchiale rappresenta perfettamente l’aspetto di una cometa.

Meglio e più efficacemente forse Nicola Copernico spiega nel suo catalogo la condizione della stessa costellazione occulta, e lo conferma. E questa costellazione segue nella figura della foglia dell’Edera. Pertanto bisogna che il testo dello stesso Tolomeo sia corrotto e perciò debba essere corretto.

Quella che viene dopo di esse è nella figura simile ad una rosa sparsa ed è di specie volubile.

Ma in qualsiasi modo bisogna leggere, solo questo so con chiarezza, che quella regione del cielo, che Tolomeo rappresenta sotto forma di rosa sparsa, mentre Copernico la rappresenta come foglia d’edera, essi indicano quella costellazione come se si estendesse fino a un certo punto ed affermano che essa si trova in quella zona del cielo che è circoscritta tra la coda del Leone, la Chioma di Berenice a Sud e la coda dell’Orsa Maggiore a Nord di qua parimenti e tra i piedi posteriori della stessa Orsa dall’altra parte ad Occidente e si trova altresì Boote ad Est e questa zona del cielo, poiché è molto peregrina e nuda, dalle stelle più brillanti si distingue quella per alcune stelle piccole di quinta, sesta o settima grandezza, pur essendo esse più oscure rispetto alla posizione delle piccole stelle, sicchè, concepite le luci nella mente, si coordinano reciprocamente attraverso una linea nella figura piuttosto di un pino, piuttosto che nella forma di una foglia d’edera, come piacque a Copernico, o la figura di una rosa e la rappresenteranno alla vista perciò nella zona vicina presso queste piccole stelle colte dal cielo e così è piaciuto spiegarle.

Infatti, attraverso il carattere T, dicono che si tratti di stella di seconda grandezza che splende nell’estremità della coda dell’Orsa Maggiore con le sue circostanti stelle.

Attraverso B, dicono che si tratti di stella di prima grandezza, che splende tra le due cosce di Boote, e si chiama Arturo. Attraverso D, si osserva una stella di terza grandezza, che brilla sulla coscia destra di Boote, e attraverso G si vede una stella informe della stessa grandezza, che splende solitaria e più brillante sotto la coda dell’Orsa Maggiore; infatti questa con quella che si nota attraverso S, ad Ovest presso l’ultima parte della coda T, costituiscono tra di loro un triangolo, e queste due G e S formano anche la base del triangolo fino al vertice D, per cui questa figura di piccole stelle, di cui abbiamo discusso, viene quasi inclusa.

Infatti le tre stelle di sesta grandezza, che vengono indicate attraverso A sotto forma di pino formano i vertici ABDCA, la base D, il lato orientale ABD, che guarda verso la chioma di Berenice. ACD in verità è il lato occidentale, che s’inclina verso il dorso di Elice e questo è famoso come quello che rassomiglia alla rosa sparsa di Tolomeo o alla foglia di edera di Copernico.

Ci riferiamo alla struttura delle costellazioni, che noi a buon diritto forse abbiamo assimilato alla figura di pino.

In verità le due costellazioni occulte, che si collegano a questa (o quelle che si annoverano tra questa congerie di costellazioni) si vedono attraverso F e M, osservate per mezzo del cannocchiale, e mostrano di essere niente altro che uno strettissimo coacervo delle due, tre o quattro delle piccole stelle, come tutte e singole le altre che sono indicate da Claudio Tolomeo dappertutto nel cielo, il che si manifesta molto chiaramente per quanto concerne le due o tre più visibili, che splendono sopra il dorso dell’Orsa Maggiore, sicchè perciò potrei credere a buon diritto che sarebbero dovute essere chiamate dai più recenti astronomi non occulte, ma oscure, fin dove molto chiaramente siano manifeste queste costellazioni (sicchè quelle grandezze uguaglino il grado di esse) ed appaiono oscure; tuttavia si vedono immediatamente all’occhio, essendo parecchie unite reciprocamente, non possono essere distinte dappertutto, sicchè si possa determinare perfettamente il singolo posto di esse; sfuggono infatti allo sguardo e indurranno in errore il misuratore, come abbiamo insinuato a proposito delle stelle doppie.

Inoltre abbiamo giudicato la cometa il 1° di Agosto, guardandola, e diciamo che si tratta di una costellazione occulta, sotto la Chioma di Berenice, al di sotto della retta CG, al tramonto presso il segno + vicino alle costellazioni F e M e vedevamo quelle occulte, cosicchè a buon diritto (soprattutto dove abbiamo potuto vedere al chiarore del crepuscolo soltanto queste due costellazioni FM e al di sotto del loro spazio un fenomeno scuro) ci è toccato in sorte di delirare. Ai fini delle osservazioni dei lettori, basti che queste cose siano state dette brevemente, a lode dell’Onnipotente. 1° Dicembre 1653.